"Un giorno mentre giocava a golf pensò che è più difficile fingere di provare sentimenti che non si hanno che fingere di non provare sentimenti che invece si hanno"
In un futuro distopico, ma non così assurdo, essere single non è più permesso. Chiunque si ritrovi, oltre una certa età, ad essere solo e senza un partner viene emarginato dalla società e persino dalla propria famiglia.
David (Colin Farrell), un architetto che è stato lasciato dalla moglie per un altro uomo, si ritrova suo malgrado in questa condizione ed è costretto a recarsi in un albergo nei dintorni della città in cui vive, dove è “invitato” a trovare l’anima gemella tra gli altri ospiti entro 45 giorni, pena la trasformazione in un animale a sua scelta. Dopo aver risposto ad un assurdo questionario decide, in caso di fallimento, di essere trasformato in un’aragosta (che dà il titolo al film), scelto perché è un animale che vive a lungo ed è sempre fertile; e poi David ama il mare.
Le regole per la ricerca del partner sono molto semplici: bisogna semplicemente avere un tratto caratteriale o fisico in comune con l’altra persona; sarà poi la direttrice dell’hotel (Olivia Colman) a determinare se le due persone sono una “giusta” coppia.
In una quotidianità estremamente piatta, con routine monotone e tempi stabiliti, si consumano gli imbarazzanti (e grotteschi) approcci e le comprensibili forzature degli ospiti nella loro goffa ricerca di un partner.
Tra attività ricreative, cene, feste e balli tutti quanti danno sfoggio della loro migliore falsità per inventare passioni, interessi – o qualsiasi altra cosa – in comune (c'è addirittura un uomo che finge di zoppicare pur di soddisfare i requisiti) al fine di sfuggire alla loro incombente fine come esseri umani.
A queste attività si aggiunge anche la caccia ai solitari, ex ospiti dell’albergo che sono riusciti a scappare e si sono rifugiati nei boschi circostanti: si ha diritto ad un giorno di permanenza in più per ogni fuggitivo che si riesce a "catturare" (in realtà uccidere).
Per David è così assurda la vita in quell'albergo (e per chi non lo sarebbe?) e la prospettiva di unirsi al gruppo dei solitari è davvero allettante. Si renderà presto conto che anche questa condizione ha un caro prezzo: nel tentativo di sfuggire alle rigide regole della società, anche il gruppo dei solitari ha elaborato un sistema di regole di convivenza altrettanto rigide e la libertà di scelta viene messa a tacere anche qui, forse più ferocemente e violentemente rispetto all'ambiente da cui è scappato.
La rigida organizzazione dell’hotel e l’ancora più rigida disciplina del gruppo dei solitari non contemplano più le varie sfumature dei rapporti umani, così difficili da organizzare e imbrigliare e per questo estremamente pericolose per il quieto vivere di entrambi.
Questa non è una società di sfumature e compromessi. Tutto è pensato per essere nero o bianco: le persone o sono in una relazione o sono infelici, sono conformi o brutalizzate. Per questo non sorprende che David scopra che il mondo è in realtà più complicato ed ambiguo di come gli viene presentato e che si trovi poi ad avere difficoltà nelle sottili sfumature di una connessione “vera”.
The Lobster è un ritratto estremizzato (ma non troppo) della pressione sociale di trovare il partner perfetto, oggi più che mai anche amplificata dalla proliferazione delle nuove tecnologie, dove la compatibilità è giudicata e ridotta sulla base di interessi comuni.
Il film, attraverso la messa in scena di situazioni surreali, si interroga su ciò che è reale nelle relazioni umane, proponendosi come metafora della cinica società che impone le sue grottesche regole di comportamento agli individui, che dice come presentarsi in modo corretto e cosa invece evitare, pena la stigmatizzazione e l’odio verso chi a queste regole non vuole sottostare, e propone una visione quanto mai sfiduciata dell'organizzazione sociale contemporanea e la conseguente spersonalizzazione dei sentimenti.
Buona visione!
The Lobster (di Yorgos Lanthimos, 2015)
– Cristina Verga
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