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Cristina Verga

Shutter Island e il disturbo post traumatico da stress

Aggiornamento: 30 ott 2020

“Questo posto mi fa pensare.

Cosa sarebbe meglio, vivere da mostro o morire da uomo per bene?”


Chuck Aule (Mark Ruffalo) e Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio) sul battello per l'isola

Boston, 1954. I due agenti dell’FBI Teddy Daniels e Chuck Aule arrivano a Shutter Island, sede dell’istituto Ashecliffe, struttura detentiva per criminali psichiatrici.

Sono stati mandati ad indagare sulla scomparsa di una paziente. Non hanno mai lavorato insieme e mentre il battello che li porta all'isola avanza nella fitta nebbia, i due cercano di rompere il ghiaccio: la moglie di Teddy è morta a causa di un incendio doloso e lui soffre molto il mal di mare.

Una volta sbarcati la situazione in cui si trovano si prospetta molto più confusa e complicata di come gli era stata presentata: le guardie carcerarie sono estremamente diffidenti nei loro confronti e gli requisiscono immediatamente le armi; il dottor Cawley, direttore della struttura, sembra non voler collaborare affatto all'indagine, mettendo sempre in discussione la loro autorità; il personale e tutti gli infermieri sembrano quasi deridere i metodi investigativi dell’agente Daniels.


Teddy Daniels e il dott. Cawley (Ben Kingsley)

Tutto sembra una farsa, un gioco, una terapia… Lo stesso dottor Cawley illustra il suo rivoluzionario metodo di lavoro con i pazienti del manicomio, che si basa nel dare loro fiducia e nell'assecondare totalmente i loro deliri nel percorso di presa di coscienza dei crimini commessi, con la speranza di guarirli per poter evitare di doverli sottoporre alla terribile pratica della lobotomia.

Ma intanto una pericolosa paziente, scappata dalla sua cella senza neanche le scarpe ai piedi, risulta inspiegabilmente dispersa in quest’isola circondata solo da ripidi scogli e da un mare in tempesta. Dove può essere andata? E perché a nessuno sembra importare davvero della sua scomparsa?

Teddy è l’unica persona determinata a far luce su questo mistero.

Ma quanto è fastidiosa la continua emicrania di cui soffre, che gli martella incessantemente la testa; quanta confusione generano quei sogni che si insinuano prepotenti nella sua mente, in cui ciò che è reale si mischia con ciò che non lo è, quanto sono reali le allucinazioni della moglie scomparsa…



Quell'isola della paura sembra volerlo trarre in inganno, inghiottendolo sempre di più nei suoi terrori e allontanandolo dalla sua indagine; sembra volerlo rendere prigioniero, vanificando ogni suo tentativo di opporre resistenza; sembra celare assurde storie di pericolosi esperimenti scientifici e il confine tra realtà e finzione si perde nella fitta nebbia che la circonda e che finisce per avvolgere anche lo spettatore.


Shutter Island è un film che mette in scena magistralmente i devastanti effetti del disturbo post traumatico da stress e i meccanismi che la mente mette in atto per proteggersi da dolori e traumi.

Dal punto di vista psicologico viene mostrato anche il momento di transizione e di cambiamento, dove le nuove correnti si scontrano con le vecchie pratiche. L’antico modello psichiatrico sostenitore della reclusione dei malati e di pratiche quali elettroshock e lobotomia viene gradualmente sostituito dalla nuova corrente che proponeva la normalizzazione della vita dei pazienti, con l’utilizzo di psicofarmaci sperimentali e senza ricorrere all'isolamento.


Buona visione!


 

Cristina Verga

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